Il nuovo assegno divorzile - su Intimità settimanale commento dell'avv. Daniel Cibin

Sul settimanale Intimità del 12 luglio 2017, a pag. 22, con la consulenza legale dell'avv. Daniel Cibin si parla di assegno divorzile e del nuovo orientamento giurisprudenziale introdotto dalla Cassazione con la nota sentenza 11504/2017.

Di seguito l'articolo pubblicato dal settimanale:

DIVORZIO: COSA CAMBIA. UNA RIVOLUZIONARIA SENTENZA DELLA CASSAZIONE STABILISCE CHE L'ASSEGNO DIVORZILE DEBBA ESSERE CALCOLATO IN BASE AL CRITERIO DELL'AUTOSUFFICIENZA ECONOMICA E NON SECONDO IL TENORE DI VITA GODUTO DURANTE LE NOZZE.

Finito il matrimonio, ciascun per sé. E questo in tutti i sensi, compreso quello economico. La sentenza della Corte di Cassazione numero 11.504 del 10 maggio scorso ha dato una svolta epocale al diritto di famiglia.

In contrasto con l’orientamento giurisprudenziale prevalente (la legge sul divorzio risale al 1970 ed è stata poi riformata poi nel 1987) la Corte ha stabilito infatti che nel valutare la sussistenza del diritto all’assegno divorzile non si dovrà più tenere conto del tenore di vita precedente, cioè quello goduto dai coniugi quando ancora regnava l’armonia.

La pronuncia ha avuto immediato clamore sui media, che ne hanno parlato soprattutto in relazione ai matrimoni e ai patrimoni da milioni di euro, da Berlusconi a Falck, dai Marzotto sino a Gigi D’Alessio. Ma la rivoluzione interessa e sta già avendo ripercussioni anche per chi ha conti in banca con molti meno zeri. Vediamoci più chiaro, grazie alla consulenza dell’avvocato matrimonialista milanese Daniel Cibin (studiocibin.com).

Per i separati resta tutto uguale. Infatti la pronuncia riguarda esclusivamente i coniugi in sede di divorzio. Nell’ambito delle separazioni, invece, permanendo il vincolo matrimoniale e quindi la piena solidarietà coniugale, continuerà ad applicarsi l’indirizzo giurisprudenziale precedente. Per ciò che riguarda i divorzi da, oggi può diventare più arduo per l’ex coniuge meno abbiente (uomo o donna che sia) riuscire a ottenere per sé un assegno periodico.

Mentre prima, infatti, bastava che dimostrasse di non avere reddito, o di averne uno esiguo, adesso dovrà anche provare di aver fatto tutto il possibile per trovare un’occupazione, senza riuscirci magari per l’età, le condizioni di salute, il mercato del lavoro della zona dove abita. Solo in caso riesca a dimostrare di non aver potuto reperire i mezzi adeguati per mantenersi, in nome del legame di un tempo potrà avere diritto a una somma mensile che gli garantisca l’autosufficienza, al di là del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, o del reddito più o meno cospicuo dell’ex coniuge. Ma qual è la cifra che può garantire l’autosufficienza?

Questo è ancora in fase di valutazione. Secondo un primissimo orientamento del tribunale di Milano, un parametro potrebbe essere la soglia reddituale che permette di accedere all’istituto del gratuito patrocinio, vale a dire circa 12 mila euro annui; un’altra ipotesi si legherebbe al reddito pro capite medio della popolazione della zona in cui vive il coniuge che chiede l’assegno.

E per la prole? Questa sentenza non tocca in alcun modo i diritti della prole. Sino alla maggiore età i figli di coppie separate o divorziate devono essere mantenuti secondo il tenore di vita di quando la famiglia era unita; ciò vale anche per i maggiorenni, sia che studino sia che stiano cercando (realmente) un lavoro, ai quali dovrà essere quantomeno garantita l’autosufficienza economica.

La nuova pronuncia potrà essere invocata anche da chi è già divorziato e intenda farsi ridurre dal giudice la cifra che versa all’ex coniuge? È possibile, ma l’esito non è scontato. Sicuramente è attesa una valanga di ricorsi.

Pensione di reversibilità - La possibilità di ricevere una parte della pensione dell’ex coniuge defunto (di norma sino al 60%) era ed è condizionata dal fatto di godere dell’assegno divorzile periodico, alla cui entità è legata. Se il contributo mensile diventa più esiguo, conseguentemente scenderà anche l’entità della pensione di reversibilità.

Il matrimonio non è più una "sistemazione definitiva".

«La Cassazione ha preso atto che il matrimonio è cambiato, - spiega l'avvocato Daniel Cibin, - e che oggi non deve più essere inteso come “sistemazione definitiva”. Sebbene un certo vincolo di solidarietà economica permanga, quando l’unione viene meno ciascuno dei coniugi deve farsi carico della responsabilità della propria vita, ove sia economicamente autosufficiente». La decisione non ha l’autorità di una legge, tuttavia i tribunali nelle sentenze dovranno tenerne conto, giustificando la loro posizione nel caso intendano discostarsene.

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